Luca Mezzalira

In pochi forse sanno che uno degli informatici che ha contribuito a far nascere DAZN, il servizio che permette di vedere eventi sportivi live e non in streaming tramite apposita app o direttamente sul sitoè un italiano che si chiama Luca Mezzalira.

Luca faceva scorrere le sue slides con naturalezza, mentre spiegava le sue competenze e ci mostrava alcuni progetti sui quali stava lavorando. Era il 2009. Di relatori durante quell’evento ce n’erano tanti, ma lui aveva un qualcosa in più che non sapevo definire.

Col tempo ho avuto la fortuna di conoscerlo meglio e di condividere diversi progetti con lui, così ho capito cos’era quella “cosa che non riuscivo a definire”: passione.

D. Ciao Luca, innanzitutto grazie per il tempo che hai deciso di dedicarmi.
Raccontaci qualcosa di te. Le classiche cose che possono servire ai lettore per capire meglio chi sei e cosa fai.

R. Mi chiamo Luca, attualmente lavoro come Chief Architect in un’azienda inglese chiamata DAZN.
DAZN è una piattaforma OTT simile a Netflix ma il nostro prodotto è basato su sport Live e On Demand.
Sono appassionato di tech in qualsiasi forma, spendo molto tempo a leggere libri, riviste, blog posts e a provare nuove tecniche.
Allo stesso tempo mi piace condividere le mie esperienze e per questo scrivo sul blog posts, parlo a conferenze e recentemente ho scritto un libro riguardo Architetture Reattive.

D. Qual è stata la scintilla che ti ha fatto capire che quella che avevi per la programmazione non era solo una passione, ma un talento vero e proprio?

R. All’inizio della mia carriera facevo il magazziniere, un mio collega mi fece scoprire HTML 4, lessi il ibro in un paio di settimane.
Da quel giorno non mi sono piu fermato, ogni giorno cerco di studiare qualcosa di nuovo usando il “tempo morto” sulla metro o quando viaggio in giro per il mondo tra un aeroporto e un altro.
Credo che il talento esista ma che non sia un fattore primario per il successo, qualche anno fa sono incappato in un post sulla storia di Conor McGregor (MMA) e lui spiegava che lui non è talentuoso, è ossessionato dalla sua passione e la sua ossessione lo spinge a ottenere risultati unici.
Io mi sento più ossessionato che talentuoso, e nello sport si possono trovare molte persone come McGregor che tramutano la loro passione in un lavoro e staccare dalla propria passione diventa estremamente difficile (quantomeno per me).

D. Quanto hai investito per coltivare questo tuo talento? E soprattutto, cos’hai fatto concretamente per affinare le tue abilità?

R. Beh direi che ho investito gli ultimi 15 anni della mia vita, lavorando e studiando di notte (moltissimo), weekends e vacanze.
Cerco sempre di tenermi mentalmente attivo perchè uscire dal “giro” è veramente un attimo considerando quanto velocemente si muove il mondo dell’informatica.
Di solito quello che faccio è investire parecchio in formazione, ho un budget annuale che mi prefiggo per conferenze, libri, abbonamenti a portali per video corsi o ebook.
Il resto è tutta disciplina, fare un po per giorno perchè alla fine, leggere 30 minuti al giorno sulla metro ti porta a leggere qualcosa come 20-25 libri all’anno che non sono pochi considerando l’effort speso.
Altra cosa importante è sperimentare e condividere, avere critiche sui propri lavori personali aiutano un sacco a crescere soprattutto se presi nel modo giusto e non come un attacco alla persona, spesso bisogna astrarre se stessi da quello che facciamo per capire meglio che direzione prendere.

D. Credi che in ogni storia di successo ci sia una componente di “talento innato” oppure certi risultati e certi goal si possano raggiungere anche soltanto grazie all’impegno e alla dedizione?

R. Sicuramente il talento può aiutare, come essere nel posto giusto al momento giusto, però credo fermamente che il lavoro e la dedizione siano la chiave per raggiungere i propri traguardi. Se non ci si prova è estremamente difficile riuscire a fare qualsiasi cosa e desistere non è un alternativa perchè non sempre le cose vengono al primo colpo.
Ho abbracciato una filosofia di vita dove anche nei momenti bui o da insuccessi c’è qialcosa da imparare che ci permette di migliorarci per il prossimo tenativo, spesso in Italia questa mentalità manca completamente o si viene giudicati negativamente per non aver raggiunto un obiettivo, invece è essenziale per raggiungere i propri obiettivi. Chi sta fermo è difficile che commetta errori!

D. C’è un aspetto del tuo lavoro che non va come vorresti o che consideri migliorabile? Hai già un piano d’azione a riguardo?

R. Non credo esistano lavori perfetti dove tutto quello che fai ti piace e nulla ti pesa.
Ho trovato negli anni parecchie cose di cui non sono particolarmente eccitato di fare, di solito quello che faccio è spezzare l’attività in micro-attività elencandole su un pezzo di carta. Poi divido l’effort in giorni differenti e ogni volta che ho finito una micro attività la cancello, il potere di una semplice azione come depennare un’attività e vedere la lista di cose da fare diminuire è veramente incommensurabile. Con questa semplice tecnica riesco a “digerire” anche le parti meno divertenti del mio lavoro.

D. So che hai lavorato sia in Italia che all’estero. Quali sono le principali differenze che hai trovato tra la nostra realtà e quella di altri paesi?

R. Qua potrei scrivere per ore, ma ti racconto quelle più importanti. Quando lavoravo in Italia spesso guardavo all’estero (in particolare UK e USA) come luoghi di talento puro dove l’ecosistema permette di crescere spropositatamente rispetto alla nostra nazione.
Non è del tutto errato il pensiero che avevo ma la palestra che l’Italia ci da lavorando su multipli progetto in tempi stretti e massimizzando l’investimento del cliente è una mentalità vincente all’estero.
Io credo fermamente che molti ingegnieri con cui ho avuto l’onore di collaborare in Italia, se decidessero di muoversi all’estero potrebbero aggiungere grande valore a qualsiasi azienda con molte più soddisfazioni.
E questo mi porta alla parte dolente dell’Italia, spesso non si celebra abbastanza i propri successi o quelli del proprio team e alla lunga tutti i lavori diventano ripetitivi e pesanti perchè l’outcome è sempre lo stesso.
Una cosa che adoro all’estero è il rispetto delle persone per il nostro lavoro che raramente ho avuto la fortuna di trovare in Italia, un paragone che faccio spesso è che a Londra chiunque lavori nel mondo tech ha lo stesso rispetto di avvocati o notai in Italia.
Decisamente qualcosa di nuovo per me rispetto alla percezione italiana del mondo tech.
Una delle principale differenza è che all’estero c’è la possibilità di specializzarsi nel proprio ruolo e fare carriera anche rapidamente, in Italia spesso dobbiamo improvvisarci in ruoli che non ci appartengono con risultati spesso opinabili rispetto a persone che fanno di quella attività la loro professione.

D. Oltre a quelli più tecnici, ci sono stati dei libri che credi abbiano formato la tua personalità e il modo in cui ti approcci alla vita e al lavoro?

R. Assolutamente!
Il mio preferito: The Spirit of Kaizen è stato il libro che mi ha dato un approccio strutturato a qualsiasi problema o sfida che ho trovato di fronte al mio cammino.
Kaizen significa continuous improvement in giapponese e sposa perfettamente la filosofia di piccoli passi per raggiungere grandi obiettivi. Lo consiglio a tutti perchè se veramente applicato si riesce ad avere dei grandi benefit nella vita e nel lavoro.
Inoltre consiglio vivamente di leggere come migliorare i propri workflow lavorativi con Lean e Scrum, non per adottarli necessariamente nella propria azienda ma pricipalmente perchè queste tecniche permettono di visualizzare il proprio workflow e renderlo molto più scorrevole incrementando le attività fatte.
Questo spesso è una grossa mancanza in Italia perchè non si spende abbastanza tempo nel migliorare i propri flussi di lavoro che da soli incrementerebbero anche il guadagno stesso dell’azienda senza la necessità di trovare più lavoro ma semplicemente ottimizzando quello che si ha.

D. C’è chi dice che il lavoro da dipendente così come l’abbiamo concepito per decenni è morto e che tutti – prima o poi – dobbiamo imparare a metterci in discussione scendendo in prima linea. Concordi?

[sociallocker id=”325″]R. Concordo, onestamente al posto fisso non ci ho mai creduto, credo che la meritocrazia vinca sempre, in Italia meno ma all’estero molto di più.
Il posto fisso è un miraggio che ci permette di dormire sonni tranquilli ma per migliorarci dobbiamo uscire dalla nostra comfort zone perciò cambiare posto di lavoro non deve spaventarci ma dobbiamo prenderlo come un normale percorso al nostro miglioramento finale come professionisti e persone.[/sociallocker]

D. Credi che le aziende e – più in generale – il mondo del lavoro siano ancora alla ricerca di lauree oppure abbiano sviluppato un approccio più attento alle competenze?

R. La laurea non guasta assolutamente ma non è nemmeno elemento essenziale per costruire una carriera di successo, in Italia questo concetto è esasperato, l’ho vissuto molto meno in UK dove persone non laureate hanno posti molto rilevanti in aziende di successo.
Io non ho fatto l’università e ho studiato parecchio durante la notte e nel mio tempo libero, credo che l’università dia una cosa impagabile ai professionisti del domani, ovvero il tempo.
Il tempo che spesso non sia ha quando si ha un lavoro e una famiglia, e quando parlo di tempo alludo a tempo di qualità quello dove hai il cervello che va a mille e assorbe concetti e gli elabora, farlo dalle 10 di sera in poi porta ad una lenta assimilazione e spesso bisogna iterare piu volte per fare un concetto veramente tuo.
L’università, credo, ti dia il tempo di qualità necessario per imparare, elaborare e far tuo qualsiasi argomento.
Ho avuto il piacere di insegnare  più volte ad un master universitario a Firenze e ho visto che c’è molta passione tra i ragazzi ma spesso non sono sollecitati nella direzione giusta, non si crea la connesione necessaria per motivarli e dargli quel qualcosa in più che potrebbe fargli scoprire la loro vera passione o direzione.

D. C’è un consiglio che hai adottato durante la tua carriera che ti senti di condividere con chi ha la necessità o il desiderio di emergere a livello professionale?

R. Lascio McGregor parlare per me:

“There’s no talent here, this is hard work. This is an obsession. Talent does not exist, we are all equal as human beings. You could be anyone if you put in the time. You will reach the top, and that is that. I am not talented, I am obsessed.” – Conor McGregor

D. Grazie mille per aver risposto alle mie domande. Sicuramente la tua storia e i tuoi consigli saranno di grande stimolo ai lettori.

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